domingo, 13 de enero de 2008

Doña Feliza e la pioggia..

Ciao a tutti!! spero stiate tutti bene dopo il Natale grassone.. ehee
La vita qua procede insieme col viaggio, siamo ancora in Bolivia, precisamente a Cochabamba,
siamo arrivati qua da due giorni, dopo una settimana di escursioni e ci stiamo viziando in un ostello con baño compartido, ma televisione in camera..
Da Potosí siamo partiti per un'escursione di due giorni sulle Ande, una camminata massacrante di 37 km in totale, quasi sempre sotto pioggia o neve, bett'isfiga... siamo ancora raffreddati, ma ne é valsa comunque la pena.La guida era lo stesso personaggio che ci ha portato alle miniere, conosce questa zona della Cordigliera e anche i campesinos che vivono sull'altipiano.

Abbiamo passato la notte a casa di Doña Feliza, una ziedda Quechua di 90 anni che non parla una parola di spagnolo e vive con un figlio in una casa in mezzo ai monti a tre ore a piedi dal primo paesino. A 90 anni é ancora completamente autosufficiente, segue le pecore e i lama al pascolo e caccia il cane dal cortile della casa irroccandolo...in quechua, bette ridere, sembrava una ziedda sarda. Vive senza acqua ne luce e ha una cucina che alimenta con una pianta altiplanica secca (llareta) e con escrementi di lama e di pecora secchi.
Durante la cena abbiamo provato ad imparare un po' di quechua sempre con l'aiuto della guida (Roberto, ex minatore sdentato e a svarioni, che con la nebbia delle montagne per poco si perdeva..), la lingua é difficilissima, con un sacco di suoni impronunciabili, peró alla fine qualcosa in piú di un grazie siamo riusciti a dirla. A Doña Feliza abbiamo offerto cioccolato, un po' di cognac per riscaldarci e qualche sigaretta, lei accettava tutto contenta e fumava un be' anche se non aspirava.
La mattina dopo al risveglio stava ancora piovendo, Doña Feliza era davanti alla porta che soffiava "pfa, pfa.." e parlava con la pioggia, abbiamo chiesto a Roberto cosa stesse facendo, ci ha risposto che stava soffiando via la pioggia chiedendole di lasciar tornare il figlio dal paese...
Insomma delle scene bellissime!! Scendendo verso il paese il secondo giorno, ci siamo fermati nella casa di un'altra famiglia di campesini Quechua, c'hanno offerto fave bollite e hanno accettato anche qua sigarette, sembra che ai quechua piaccia fumare.. e anche farsi fotografare.
In questa casa abbiamo anche conosciuto il figlio di Doña Feliza che c'aveva ancora bette sbronza dal giorno prima e a tornare a casa non ci stava manco pensando..
Alla fine dell'escursione abbiamo purtroppo perso la macchina fotografica, con tutte le foto delle case, di Doña Feliza e dell'altra famiglia... bett'isfiga!! le foto erano senz'altro le piu' belle fin'ora..

Un'altra escursione di tre giorni l'abbiamo fatta al Salar de Uyuni (un mare di sale di 12400 km2) e a varie lagune e deserti altiplanici, di questa abbiamo le foto che metteró al piu' presto, il computer di oggi non ha usb..
Alla prossima, un abbraccio a tutti dalla Bolivia (pare proprio che sia femminile...), circola una strana leggenda, dicono che sia un paese pericoloso... mavaffff... i boliviani sono un popolo di tranquilloni, grandi lavoratori ma in maniera rilassata, La Paz non mi é sembrata piú pericolosa di Parigi o Roma, dipende sempre da COME e dove giri...
Ciaoooooooooooooo

viernes, 4 de enero de 2008

El Cerro Rico de Potosí


Potosí, la cittá piú alta del mondo, 3.967 sul livello del mare. Ma, ahimé, questa non é l'unica ragione per cui questo posto é famoso.. Non so se ne avete mai sentito parlare, eppure la ricchezza europea dei nostri giorni dipende anche da quello che é successo qua cinque secoli fa, e che, purtroppo, continua a succedere.


Potosí, con l'arrivo della colonizzazione spagnola, si convertí in breve tempo nella miniera d'argento piú grande del mondo, in grado di far prosperare i mercati europei e in grado di affamare, sfruttare e uccidere 9 milioni di indios in un paio di secoli.

Il famoso "Cerro Rico" (la montagna che tutt'ora sovrasta la cittá) conteneva quantitá d'argento fino ad allora inimmaginabili, le miniere d'argento del vecchio mondo vennero dismesse ed in breve tempo tutta la produzione del tempo si concentró da queste parti. Gli schiavi erano gli indios che popolavano da sempre queste terre, conoscevano l'argento, ma il suo uso era limitato a funzioni religiose, mai l'avevano estratto per arricchirsi, semplicemente non ne avevano bisogno... il denaro non esisteva e nemmeno le miniere. Altri schiavi vennero portati dall'Africa, erano piú deboli degli Indios nativi, non sopportavano l'altura e non masticavano coca, fu un altro massacro.


I minatori a Potosí sono adesso 24000, con una guida (ex minatore) siamo entrati dentro la mina per tre ore, dopo un'ora si ha giá voglia di uscire.. gli spazi sono angusti, la pancia del monte é un labirinto in cui é facilissimo perdersi e ai lati delle "stradine" sotterranee si aprono vere e proprie voragini che sono vene gia' finite e in cui in un attimo si puo' scivolare..

La morte é costantemente presente quaggiú e i minatori lo tengono in conto senza preoccuparsene troppo, d'alronde sanno che possono morire ogni giorno che entrano, oppure a 35/40 anni di silicosi. La rassegnazione é un sentimento palpabile, stanno in mina fino a 24 ore di fila, masticando foglie di coca, fumando e bevendo alcool puro (96 gradi.. e non sto scherzando), dicono che la salute del proprio fegato non li preoccupa troppo, sará un altro male a portarli via..


I minatori sono organizzati in cooperative, ma non son riuscito a capirne bene la funzione.. Generalmente il minatore qua lavora per se stesso, entra in miniera alla ricerca di una vena, le spese saranno tutte a suo carico finché non l'avrá trovata (esplosivo, coca, alcool e attrezzi vari), le protezioni costano troppo per i minatori poveri, nessuno di loro indossa mascherine o guanti..

se sará fotunato e la vena sará abbastanza grossa potrá assumere altri minatori alle proprie dipendenze, ma questo non implica la fine del suo lavoro sotto terra..

Il Cerro di Potosí é ormai sventrato, la montagna alta 5100 m é ora scesa a 4800m, dicono che fra 12 anni non ci sará piú niente e Potosí diventerá una cittá fantasma come tante altre.. Per ora si continua ad estrarre piombo, rame, zinco, stagno ed altri minerali; l'argento é ormai rarissimo, gli spagnoli estraevano solo quello..


Nel libro "Le vene aperte dell'America Latina", Galeano spiega molto meglio di me la storia del Cerro Rico e di Potosí, gran bel libro..